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 Alfonso Leto: note biografiche

 

Con la collaborazione di Marta Sollima

 

 

«Dipingere è un modo per non credere. È agnosticismo della visione».

(Alfonso Leto)

 

Alfonso Leto nasce nel 1956 a S.Stefano Quisquina, paese dei Monti Sicani, nell’entroterra agrigentino.

Nel 1969, si trasferisce a Palermo per frequentare dapprima il liceo artistico, di cui gli sono rimasti impressi gli insegnamenti dei professori Giovanni Agnello, Giacomo Baragli e Disma Tumminello;  in seguito l’Accademia di Belle Arti di Palermo di cui ricorda in particolar modo i docenti Ubaldo Mirabelli, Michele Dixit Domino,  Pippo Gambino e Franco Grasso.

Proprio nel capoluogo siciliano Leto muove i primi passi della sua attività artistica.

 

Anni ‘Settanta. La produzione di quegli anni  ha i caratteri  prevalenti “del fantastico”: matite, chine e grafiti su carta realizzati in un contesto umano e produttivo in cui gioca un ruolo stimolante e formativo il confronto quotidiano e l’amicizia con gli artisti di Palermo: Toti Garraffa, Mario Vitale, Enzo Patti, Nicolò D’Alessandro, vicini alla galleria “Il Condor” di Elio Cuppari, “I Quattro Venti”, di Salvino Costa.

Il suo riferimento culturale più noto e prossimo è rappresentato dal “Gruppo 63” – peraltro prevalentemente letterario – caratterizzato dalla presenza di Gaetano Testa che per lui e i suoi amici artisti costituisce un importante punto di riferimento, suggerendo loro, in modo spesso critico e di vivace  polemica, direzioni di senso e modalità di approccio all’arte e soprattutto alla vita.

Viene rilevata proprio in quegli anni un’originale stagione artistica giovanile, definita dalle note critiche del tempo “Arte Fantastica”, di radice neosurrealista, che vede attivi, tra gli altri amici di Leto, giovani artisti quali: Giovanni Valenza, Nino Quartana, Enzo Onorante, Giuseppe Storniolo,Salvatore Bignardelli.

Il circuito culturale e di socializzazione che più interessa Leto in quegli anni è  alternativo a quello “ufficiale” della città, tra questi ricordiamo la Locanda degli Elfi, il Circolo Antorcha e il laboratorio “D’if” dei fotografi Letizia Battaglia e Franco Zecchin, la nascente “radio libera” (la prima a Palermo) “Radio Pal”.

 

Anni ‘Ottanta: l’elaborazione di una cifra stilistica più complessa, in accordo con i segnali vivi della Transavanguardia in una forma personale e non emulativa. Ne1987 la sua prima grande mostra allestita nell’eremo di Quisquina, presentato dai testi di  Achille Bonito Oliva e Fulvio Abbate

Gli anni d’insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Palermo, dal 1982 al 1984: esperienza didattica che così viene descritta da Marina Giordano nel suo testo per la mostra “Meridiani Paralleli” in cui ripercorre la pittura a Palermo tra gli anni ’80 e 2000: «…costellata di scambi e stimoli continui e reciproci, di formazione e autoformazione, all’insegna di uno forte responsabilità legata ai valori dello pittura, che proprio in quegli anni tornava a imporsi con forza sulla scena artistica mondiale e, di riflesso, anche a Palermo. (…). Nella classe del corso di Pittura, Leto, -giovane tra i giovani- si ritroverà tra gli allievi, oltre ad Alessandro Bazan, che di lì a poco si sarebbe trasferito all’Accademia di Urbino - anche tre personalità forti, tre pittori irruenti e saturi di energie: Guido Baragli (1962), Marco Incardona (1961-1999) e Croce Taravella (1964)».

 

Anni ’Novanta. Il contatto e i rapporti con l’ambiente romano con la Galleria La Nuova Pesa e con Felice Levini, Giuseppe Salvatori, Mariano Rossano, HH Lim e gli artisti dell’Astrazione Povera sostenuti da Filiberto Menna.

In questi anni, grazie alla guida fraterna di Fulvio Abbate, già attivo a Roma come critico d’arte, si inserisce nell’ambiente artistico romano, partecipando, su segnalazione della galleria la Nuova Pesa, al XLIV° Premio Michetti diretto da Renato Barilli.

In questo periodo, coltivando sempre l’insegnamento di Carbone, in Leto maturerà sempre più la coscienza del fare arte e il suo rapporto fondativo con il territorio che non va “mortificato” con l’idea di “marginalità”, pregiudizio legato all’idea di mercato e omologazione globale.

Il suo lavoro di quegli anni vive di una radicale revisione degli elementi espressivi, per assumere l’intensità  di uno stile sobrio ed essenziale che riduce, fino ad azzerarli, gli elementi figurativi e si concentra sull’uso di materie inconsuete (l’encausto) e la presenza cromatica e risonante di oggetti naturali (i rovi di rose) e materiali vari dando vita al ciclo delle tele “monocrome e ventriloque”, (da lui raccontata in un testo in catalogo nella mostra personale a La Nuova Pesa“) che daranno successivamente luogo alla “Quadreria Araldica”, che seguono quella dei quadri neri di una materia cangiante alla luce, che un magnifico testo di Fulvio Abbate così li racconta: “Di certo è che questi quadri non si preoccupano neppure di stare a guardia del buon nome della contemporaneità, questi quadri sono giustamente egoisti: pensano soltanto a se stessi e non si pongono il problema del destino dell’opera. In parole povere e profetiche sono belli e misurati: parlo di una misura intellettuale, perché Leto li ha studiati bene; Ne è venuta fuori una famiglia di opere coltissime.”

 

Anni ’Novanta. La collaborazione, alla rivista de La Nuova Pesa “Centoerbe” e l’amicizia con Luigi Serafini. Nuovi rapporti con l’ambiente artistico siciliano, soprattutto rappresentato dall’azione innovativa di Antonio Presti (Fiumara d’Arte), Ezio Pagano e quello con Ludovico Corrao e le esperienze internazionali della Fondazione Orestiadi.

In questi anni alla problematica della cultura informatica e multimediale di massa, leto risponde con la messa a punto di una pittura che lui definisce “agnostica” proiettata oltre le ansie tecnologiche ma dentro la comunicazione visiva del nostro tempo. In questi anni pubblica un testo poetico nella rivista Nuovi Argomenti (allora diretta da Moravia, Siciliano e Sciascia), insieme a quelli di artisti romani emergenti e in raccolte letterarie edite da Flaccovio e dirette da Gaetano Testa.

Sarà proprio Leto a presentare nella libreria Flaccovio, a Palermo, la nuova produzione letteraria del gruppo degli amici scrittori vicini a Testa (tra cui: Francesco Gambaro, Pippo Zimmardi, Nino Gennaro, Costantino Chillura, Carola Susani) presentazione poi trascritta ed edita sulla rivista Kalegé

Promuove anche nell’entroterra agrigentino eventi di produzione artistica e diffusione dell’arte contemporanea e pubblica con i suoi amici un giornale di critica sociale e politica.

Da vita, con i suoi amici artisti e intellettuali di S.Stefano Quisquina, Antonio Greco, Ignazio Schillaci, Lorenzo Reina, Costantino Chillura…ad un giornale indipendente di critica sociale dal titolo “Entroterra” e fonda successivamente, con Francesco Cacciatore e altri amici il movimento politico Impegno Civile, che segnerà l’inizio di un interesse comune attivo verso le problematiche sociali del proprio territorio, anche promuovendo assemblee, con interventi e testi.

Pubblica testi e disegni editi in varie riviste siciliane (Per approssimazione, Grandevù, Toga Verde, Papir, Suddovest, Fuorivista, Kalòs e molte altre). Si fa parte attiva, nel suo paese, nel lungo processo di valorizzazione storica di Lorenzo Panepinto, intellettuale e promotore dei Fasci siciliani, assassinato dalla mafia nel 1911.

Produce opere sempre più esclusivamente pittoriche: il ciclo delle combine pittura/ fotografia/oggetti, i “codici fiscali dei poeti”, presentate per un ciclo espositivo diretto da Toti Garraffa, per gli spazi di Villa Trabia (Palermo) nella mostra “Opere Giovanili” : titolo ironico e artificiale che allude ad una perpetua e ideale giovinezza della creatività, ben raccontata da un testo di Achille Bonito Oliva, poi ripubblicato

 

dall’Autore nella sua antologia critica "Lezioni d'anatomia: il corpo dell'arte" (ediz. Kappa, Roma, 1995). Lo sviluppo di questa produzione sfocerà in un nuovo risultato espressivo, che riassume ancora la figurazione, dove la pittura e il disegno colloquiano con l’iconografia informatica, e che verrà esposta per la prima volta nella mostra “Leto contro il metodo”: una vasta raccolta delle opere recenti allestita nelle Case Di Stefano, a cura di Achille Bonito Oliva che così ne scrive: “La frammentarietà di Leto è il sintomo di una mentalità che non vuole opporre ad un ordine un altro ordine, e invece intende approfittare della crisi dell'ideologia per mettere in evidenza le ragioni di un io che si arricchisce mediante il conflitto permanente con la storia.”

Nel 1998 il suo lavoro è scelto per una grande mostra al Real Albergo delle Povere, a Palermo “I percorsi del sublime”, che raccoglie opere di Accardi, Consagra, Isgrò, Leto, Lo Giudice, Guccione, Salvo, Romano (edita da Electa).

 

Molto proficua è in quegli anni, la partecipazione attiva a due originali e importanti realtà siciliane quali la galleria di Ezio Pagano (che poi convergerà nella collezione e nelle attività di Museum) e la Fiumara d’arte e l’Atelier sul Mare di Antonio Presti: due pionieri dell’arte contemporanea che alimentano un presidio straordinario per gli artisti indipendenti. Per Fiumara d’arte, che ha acquisito sue opere, Leto realizza anche una produzione ceramica in residenza.

 

Anni ‘Duemila. “Arte Terminale”: un’idea di Achille Bonito Oliva  che raggruppa artisti italiani vocati al dialogo con i linguaggi  e la sensibilità multimedile  in una mostra che dall’Art Gallery Banchi Nuovi di Roma fa il giro di sedi museali in Spagna (Madrid e Salamanca) e approda alla Fondazione Ludwig de L’Avana.  Il proficuo rapporto con l’Art Gallery Banchi Nuovi con una mostra personale. La presenza alla Galleria d’Arte Moderna di Roma con un’installazione. L’inserimento, da parte del grande critico inglese Edward Lucie Smith, nella sua periodica rassegna-indagine sulla pittura: “Annual Development”.

 

 Opere sempre più incentrate su visioni apocrife della religione filtrate da una sensibilità telematica che in una mostra personale all’Art Gallery Banchi Nuovi, a Roma, viene accompagnata da un testo di Claudia Colasanti.

 In quella dimensione romana esegue due opere “a quattro mani” con Mark Kostabi.

 L’elemento religioso, liberamente assunto, da una posizione di “ateismo non osservante” (come l’artista stesso lo definisce) diventa sempre più l’elemento di base per ricostruire un immaginario estetizzante intenso e ironico al tempo stesso, incentrato sul rapporto tra immaginario religioso e immaginario mediatico, con opere che utilizzano sempre più esclusivamente la pittura (ma anche il ricamo, l’innesto oggettuale) su materiali più inconsueti (oltre che su tele) quali monitor di computer,  stampe pubblicitarie, che confluiranno in due distinte mostre: una a Palermo, (“Appassionate book”)a cui segue una nuova mostra “Sacrifashion”, nella galleria di Enzo Mazzarella, “Monserrato Arte Novecento”, a Roma, entrambe presentate da un testo di Fulvio Abbate.

 

Interessante l’impegno didattico sempre più vivo, reso quasi esclusivamente nella scuola media di Bivona (AG) e nel territorio, con laboratori che coinvolgono una molteplicità di mezzi (dalle macropitture, alle composizioni polimateriche, la ceramica, la valorizzazione dei Beni culturali del territorio, l’utilizzo delle nuove tecnologie) che vedono premiato molte volte il suo lavoro con i ragazzi.

Nel 2009/2010 Le Fabbriche Chiaramontane di Agrigento (realtà museale specializzata sull’arte del Novecento) apre proprio con una mostra di Alfonso Leto un nuovo ciclo vitale sull’arte contemporanea delle nuove generazioni. Con questo contesto museale nasce un rapporto di collaborazione e vicinanza culturale.

Nel 2011, inviato alla 54° biennale d'arte di Venezia (padiglione regionale- Sicilia), rinuncia a parteciparvi.

Ha realizzato dal 2007 al 2014 i trofei ceramici per il Premio Durruti assegnati da Fulvio Abbate a personalità meritevoli.

 

Nel 2015 è presente nelle mostre “Trame Mediterranee”, Palazzo dei Normanni, a cura della Fondazione Orestiadi. Sempre in quell’anno: “Zarathustra a Gibellina”: una grande installazione dedicata al vino che restituisce un brano del testo nietszschiano tradotto dall’artista in dialetto siciliano, che scorre in un ordito di luminarie su una collina di Gibellina,  installazione inserita nel contesto di “L’albero della Cuccagna- Nutrimenti dell’arte”, una rete diffusa di installazioni che attraversa l’Italia, coordinata da A. Bonito Oliva.

 

Dal 2010 al 2017 ha presentato periodicamente il suo nuovo lavoro in piccole gallerie di qualità, prevalentemente a Palermo, nella ricerca di un confronto e di un dialogo continuo con la giovane critica e le giovani generazioni artistiche che riconoscono nel suo lavoro un valore non solo generazionale ma anche di esemplare vitalità:

Zelle arte contemporanea, Spazio Cannatella, Neu/Noi, Caffè Internazionale; nel 2011, partecpa al progetto del Laboratorio saccardi per la mostra “Casa Aut”, allestita nella casa del boss Tano Badalamenti, bene requisito alla mafia e sede del centro Peppino Impastato, Cinisi. Partecipa attivamente con testi e incontri alla rivista dell’Osservatorio Outsider Art, coordinata da Eva Di Stefano, nel lavoro di ricerca e vaorizzazione della genialità artistica spontanea, clandestina, irregolare.

2012, Conservatorio “V. Bellini”, con la mostra “Playlist” in cui le opere evocano uno stretto rapporto con la musica, da quella barocca a Frank Zappa, al quale sono dedicate due opere e la mostra si inaugura alla presenza del figlio del grande musicista, Dweezil Zappa, in tour in Sicilia.

 

2014, “Passareddu artist residency”, mostra personale in una poetica e avventurosa realtà artistica, nata dall’utopia di un gruppo di giovani inglesi trapiantati in Sicilia, un autentico avamposto dell’arte.

 

Tra le numerose e multiformi attività didattiche rivolte all’arte contemporanea, si ricordano: i laboratori “Lucignolo- L’arte a scuola”, con gli alunni dell’Istituto A. Manzoni di Alessandria della Rocca e Bivona (AG) culminati con la mostra “Ritransavanguardia”, alla Fondazione Orestiadi di Gibellina, nel 2014.

 

Per l’editore Navarra (Palermo) esce il suo primo romanzo dal titolo l’Oscurato: l’ironico racconto di un artista che allestisce una mostra nell’ambiente noire di un antico monastero siciliano.

 

Nel 2017 espone il gruppo di opere inedite “Rovi” (a cura di Giuseppe Alletto) nella torre della Fattoria dell’arte (Teatro Andromeda), a S.Stefano Quisquina, paese dei monti sicani, dove l’artista vive e dove svolge, dal 1985, l’attività didattica nell’insegnamento di Arte e Immagine nelle scuola medie. La sua didattica è attivamente orientata verso la promozione e la diffusione della sensibilità espressiva nel processo formativo, tra le più giovani generazioni.

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