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Citazioni per un’antologia critica

Giuseppe La Monica, da “Due ventenni coerenti”, Giornale “L’Ora”, Palermo, aprile 1979  (recensione per la mostra “Alfonso Leto e Giovanni Valenza” alla galleria I Quattro Venti, Palermo, testo ripubblicato in “Il Figurativo alle soglie degli anni Ottanta” (Accademia Pontano, Napoli; Galleria d’arte Moderna, Palermo: Giornale “L’Ora”, Palermo, 1979)

(…) Il mito e la sua dissonanza ambigua, l’immaginario e la coscienza della finzione, l’icona e il suo alter ægo simile/dissimile, la magia evocativa ed il suo spiazzamento estraniante sono opportunamente compresenti nelle opere di Alfonso Leto. (…) La ricerca di Leto, per certi versi insolita, è ricca di fascino e impone un giudizio attento per il suo rigore ideologico che è essenziale alla coerenza della ricerca stessa che non devia nei diffusi ammiccamenti del diffuso gusto mediocre (…)»                                                                                                    

Francesco Carbone, da "Leto o della nuova pittura", in Alfonso Leto, Accademia di Belle Arti, Palermo, 1981.

(…) Ed è proprio nella splendida pittura di Alfonso Leto che la figura, così intesa, diviene l'assunzione eccentrica di un'apparenza particolare, suggestivamente giocata tra fantasia e immaginazione. La distinzione non è oziosa, giacchè l'identificazione del fantastico con la più recente pittura, non autorizza quest'ultima a definirsi 'la pazza di casa' (…) ma produce una diversa intelligenza creativa, un modo tutto personale di rendere il "massimo bene", come diceva Novalis. (…)»

Cesare Sermenghi, da “Testimone Inverso” in Alfonso Leto, Accademia di Belle Arti, Palermo, 1981

(…) Alfonso Leto nell'opera Il Soffio,  è un Eolo in chiave moderna che è di per sé sufficiente a rappresentare, non soltanto nell'effigie dell'autoritratto, l'autore, che trincerato dentro una porta di un ambiente in luce (la sua stessa esistenza), emette sul resto del globo, in ombra, un grande soffio vivificatore di colore. Così trasfigurato l'artista ha voluto vivere, come per una missione alla William Blake, il Fiat Lux della prima creazione su un mondo purtroppo ancora nel buio di tante imperfezioni».

Achille Bonito Oliva, da : "Il fagotto dell'arte"   in: 'Alfonso Leto' , edito da Comune di S.Stefano Quisquina, 1987

(…) Alfonso Leto adopera il linguaggio come strumento capace di creare una rottura catastrofica nell'equilibrio della comunicazione sociale. La sensibilità dell'artista siciliano possiede un carattere legato alla radice antropologica tipicamente mediterranea, in bilico tra movimento e contemplazione, tra erotismo e senso della morte, tra natura e linguaggio. (…)

Costantino Chillura, da “Alfonso Leto”, Associazione culturale Voltaire, a cura di Toti Garraffa,  Palermo, 1987

(…) Origina da tanto humus l’algido innesto tra elementi bassi e codici alti, tra i ciaffi sbiaditi e Kandinskij, tra Diderot e le soprapporte, tra le sparate da avanspettacolo e Klee, tra Klein e le tele dei cantastorie, tra Argan e Carolina Invernizio, tra le ossa di agnello e il cranio posticcio di Beuys… V’è un quid beffardo in questo attendere e disattendere l’occasione ogni volta definita.

Francesca Alfano Miglietti, da : "Lo stile tradito", mostra personale, Associazione Culturale Voltaire, Palermo, 1988.

(…) Il lavoro di Alfonso Leto si snoda lungo intenzioni singolari, e ogni opera non può dare vita ad una 'serie' perché i suoi procedimenti di volta in volta mettono in discussione quelli precedenti, al di fuori dell'oggetto rivelato.(…) Le sue opere lasciano indovinare l'inafferrabilità della visione, la distanza dello stile, l'incessante movimento dal particolare all'universale e viceversa; ritraendo il non rassicurante e l'inautentico si sottraggono alle disgraziate certezze di una visione sempre uguale a se stessa (...)»

Sergio Troisi, da “Made in Palermo”, edito da Comune di Palermo-Galleria Civica d’Arte Moderna, Palermo, 1984.

(...) Consapevole della verità contenuta nel­l’assunto di Jean Dubuffet che l’arte si trova laddove non la si è cercata, Alfonso Leto si muove con astuzia e intelligenza nel territo­rio aperto dalla simulazione e dell’ironia affabulatoria di stili, materiali e linguaggi. Con la padronanza di chi sa -e sa perché li conosce a fondo- fare e disfare i codici della comunicazione (…) »

Toti Garraffa da: “Diavolini in convento”, in Papir, rivista siociliana dei Verdi, n. 20 , 1987.

(…) Fofò, che non sa mentire, non può ripetersi, il suo dipinto, oggetto, cosa, comincia sotto il nostro naso e si allunga nella memoria collettiva, iconologica e fenomenologica, all’infinito. Un organo pittorico che può assimilare il manierismo o diradarsi nella ricerca spaziale, volgersi alla materia o all’astrazione del gesto comunque con compiutezza d’immagine. (…)»

Renato Barilli, da “Rentrée”, Premio marche 1993, Ancona (edizioni Mazzotta, Milano)

(…) Il siciliano Alfonso Leto, ben presente nell’ambito romano grazie alla galleria la Nuova Pesa,effettua interessanti ragionamenti che gli consentono di selezionare un museo di reperti personali, inscatolati gli uni dentro agli altri ed esibiti a parete. (…)»

Fulvio Abbate , da:  "Il campionario del Paradiso”,  mostra personale di A.L. alla galleria La Nuova Pesa, Roma, 1991

(…) Ora io so che Leto, per la sua natura di siciliano complesso, di siciliano che pensa sempre, a questa pittura di poche cose è giunto attraverso un percorso ampio e soprattutto contraddittorio; un percorso che lo ha visto porre attenzione alle principali stazioni linguistiche della storia dell'arte: dal manierismo a Dada. Ed è infine -ma si tratta di un infine temporaneo, l'infine di questi giorni- pervenuto a queste opere che hanno il valore semplice e immediato della rivelazione (…)»

Barbara Tosi, da “Giovani Artisti IV” (ed. carte Segrete), mostra al Palazzo delle Esposizioni, Roma, 1992.

(…) Nelle tele di piccolo formato che il suo lavoro attualmente propone, il tema è unico: Araldo, ma le sue declinazioni e combinazioni sono numerosissime, sino a definire una sorta di grande mosaico, popolato di tessere.(…) La poetica dell’artista è di segno ermetico, ma è l’ambito stesso della pittura, che si definisce questo carattere, essendo, tra le arti plastiche, la più conchiusa e declinata nell’esercizio di una inevitabilmente autoctona esistenza, alla quale necessita una moltiplicazione di linguaggi e la relativa complicazione. (…)»

Achille Bonito Oliva, da: "Abuso dell'arte e inerzia della forma" in: "Lezioni d'anatomia: il corpo dell'arte", ediz. Kappa, Roma, 1995

 (...) Alfonso Leto sviluppa una ricerca tesa alla costruzione di una resistenza esistenziale e ad una durata formale. Per far questo egli sterilizza oggetti e immagini in una composizione che assembla insieme memorie del presente e tautologie di oggetti provenienti dal campo della natura e della cultura. (…) Andare oltre Duchamp significa accettare l'affermazione di Heidegger che "il terribile è già accaduto". Leto parte dalla consapevolezza di tale terribilità e accetta stoicamente e lucidamente la sterilità dell'arte (…)»

Stefano Chiodi, da: “Oscar”, mostra collettiva de ‘La Nuova Pesa’  al castello Colonna. Genazzano, 1997

(…) Dall’incontro e dalla messa in tensione della soverchiante produzione di massa con la disciplina solitaria del pittore trae invece alimento il lavoro di Alfonso Leto, la cui nota dominante sembra essere una sorta di andante ostinato, in grado di attingere alle fonti figurative più eterogenee stringendole all’interno di un sistema altamente perfezionato di rapporti formali (…) »

Maria Grazia Torri in Nuovo Paesaggio Italiano, Spazio Consolo, Milano, Lupetti editore, 1998

(…) Su scheletri di oggetti mediali interviene il tocco dell’artista demiurgo Alfonso Leto che popola di stelline di latta le notti dei nostri circuiti elettronici, interpretati come galassie, sfondi cosmici imperscrutabili dall’occhio tranquillo, abituato al ticchettìo monotono dei bip. (…)»

Claudia Colasanti,  "12 ICONE DAL BAZAR MEDIOLOGICO" da: “Misteri gaudiosi”, mostra personale, Art Gallery banchi Nuovi, Roma , »2000.

(…)Cattura i pensieri del Tempo", del suo tempo, Alfonso Leto, costruendo con pazienza una interminabile finestra telematica, attraverso una pittura complessa, fatta di rebus irrisolti, scatti aperti dentro altri scatti, su fondi decorativi, astratti o descrittivi (ad esempio accessori come scarpe femminili) e saturi di colore che sembrano ruotare all'infinito. Sipari su cui si delineano, ben definite da un segno di matita, sagome di famiglie apparentemente felici, dove persino gli animali domestici posseggono l'aureola.(..). É il via alla fede per un misticismo sfrontato. (…)»

Jenny Dibert in NEW EUROPEAN ARTIST, a cura di Edward Lucie Smith, Edito da “Imprinta Publishing Projects”- Amsterdam NL., 2001. 

(...) L'agnostico Leto tratta costantemente temi religiosi o mistici. "La spiritualità per me non è solo una questione di fede, ma di ricerca, una questione puramente linguistica, dal momento che credo che l’anima non sia altro che il linguaggio insito in tutte le cose", dichiarò una volta in un'intervista. Così egli fa buon uso dell'insegnamento degli antichi maestri, che spesso contraddicevano o eludevano l'aspettativa dei loro clienti, nonostante il loro uso del sacro(…)».

MARINA GIORDANO, da: “Meridiani-Paralleli, percorsi d’arte a Palermo, anni ’80-200”, edito da: Comune di Castelbuono e Associazione Fiumara d’Arte; Castelbuono (PA), 2006.

 (…) La pittura di Leto si era sintonizzata, nei primi anni Ottanta, su uno spirito radicalmente  postmoderno, dove la mescolanza dei linguaggi, la poliedricità di un’inventiva quasi incontenibile, -  che lo fecero definire ‘un pittore funambolicamente inguaribile disposto ad attraversare ogni territorio anche oltre il limite della storia”-, risentiva dell’ondata transavanguardista, dove i codici delle avanguardie storiche, dall’Espressionismo a un Surrealismo sognante e ironico, si fondevano con sfrontata ilarità.(…)»

Emanuela Tripodo in: “70/06 QUATTRO ARTISTI SICILIANI Rosario Bruno  Gaetano Denaro Carlo Lauricella  Alfonso Leto” testi di laurea Corso di laurea in Discipline dell’Arte della Musica e dello Spettacolo, Relatore, Prof.ssa Eva Di Stefano, UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMO FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA

 (…) Con lui, e come lui, artisti ai primordi dell’attività ma che si erano già formati un’identità riconoscibile, come Mario Vitale, Enzo Patti, Giovannino Valenza, e soprattutto Toti Garraffa, il vero animatore di quel clima. Va ricordato anche l’ambiente di dialogo e di confronto che Garraffa seppe favorire, negli anni in cui diresse la galleria di Elio Cuppari, Il Condor, con il gruppo di intellettuali e scrittori che gravitavano attorno alla rivista "Fasis" prima, e "Approssimazione" poi, edita da Flaccovio e diretta da Gaetano Testa, esponente del Gruppo 63.

Tra le personalità di quel periodo e di quel contesto (alcune ancora oggi confermatesi come presenti e vitali) vanno ricordati Michele Perriera, Letizia Battaglia, Fulvio Abbate ecc.(…)»

Carla Caserta in: “LETO- ATTANASIO- BRANCATO”  tesi di Laurea in Storia dell'arte contemporanea presso il dipartimento di scienze umanistiche dell'Università di Catania, Relatore: prof. Giuseppe Frazzetto.

(…) Dopo un esordio segnato da un’arte psichedelica e fantastica, nei primi anni ’80 sulla scia della Transavanguardia si muove pian piano verso un utilizzo di linguaggi espressivi, materiali e oggetti sempre diversi con riferimenti al Dada e al Concettuale. Le sue sono opere che Fulvio Abbate definisce misurate, coltissime e dal discorso pittorico leggero, placido e accorto. Sono opere in cui l’artista, accanto al colore e al segno, eleva l’oggetto (anonimo e non) ad entità extrartistica di grande rilievo e ad elemento attivo e vivo di un processo di creazione qual è l’opera d’arte. D’altronde, come afferma Leto, l’oggetto è un’entità che esiste già e che deve seguire un percorso che va dalla materialità alla sua astrazione nel testo pittorico che lo ospita. È per questo che troviamo materiali quali plaid, martelli, granuli di zucchero come protagonisti delle sue tele(…)».

Emilia Valenza in “Noli me pingere”, Zelle Arte, Palermo, 2010.

(…) “Noli me pingere” – locuzione del celebre esegeta Alfonso Leto -  sposta il concetto dall’ambito religioso-sociale a quello artistico-economico, attivando un processo di metamorfosi che inietta nelle immagini, oggetto di trasposizioni semantiche e di superfetazioni di senso, la responsabilità di veicolare messaggi, in forma parodistica o comunque cinicamente lucida, sul valore dei miti contemporanei. (…) »

Fulvio Abbate: “Virgo golden” in: “Appassionate”, edito da ERSU Palermo 2004

(…) Leto, mette l’oro laddove, in principio, c’era soltanto carta e inchiostro, così facendo, c’è da immaginare per lui, prima o poi, l’incarico di realizzare la più seria, gelida e tragica parodia di un ideale duomo della post-religiosità, in un luogo, metti, come Sedona in Arizona. Qualcosa che dimostri l’irrealtà della società dello spettacolo. Dove la vulva, come già nel film di James Bond contro Goldfinger, è d’oro massiccio (…)»

Laboratorio Saccardi intervista Alfonso Leto in “LETO RIDENS opere a piacere” a cura di Tiziana Pantaleo, Spazio Cannatella, Palermo, 2012

(…) Saccardi: -Come ti rapporti con le mode ...sopratutto nell'arte?                                                                                             Leto:  -Le mode una volta erano il venticello salubre e sublime che spingeva i semi del gusto. Oggi l'arte insegue le mode come un vecchio cane che annusa gli afrori di una giovine cagnetta in calore. Sono riusciti pure a fare sentire "in colpa" gli artisti quando non accordano il loro diapason con la moda.  É il livello culturale di chi compra l'arte oggi che è sceso parecchio e che trascina a fondo tutto il resto. É l'analfabetismo di ritorno dei nuovi collezionisti che è preoccupante. Tu pensa che una volta si chiamavano “intenditori” (...)»

Giusi Affronti in “Le gioie semplici”, Neu/Noi –Spazio al lavoro, Palermo, 2011.

(…) Con la padronanza di chi sa fare e disfare i codici della comunicazione, Leto si muove con astuzia in un territorio multiforme di materiali, stili e linguaggi percorrendo le principali stazioni della storia dell’arte (dalla Maniera al Surrealismo) e assicurando all’opera la libertà del gioco e dell’invenzione, la sua virtualità di suggestione di significato, la sua capacità infine di condensare nel rapporto con lo spettatore un’intenzione poetica che attende un suggerimento, una possibilità. (…)»

Achille Bonito Oliva, in “Figura: una semiotica della grazia nell’opera di Alfonso Leto” testo per la mostra “Fabbriche/Leto”, Fabbriche chiaramontane, Agrigento, 2009 (edizioni “DiPassaggio”; Palermo)

(…) Ora è possibile stazionare intorno, prendere d'assedio e corteggiare la figura secondo i dettami di una guardata curva che effettua il suo periplo intorno all'opera, un’arte puntata sul mondo e le sue ossessioni di massa: moda, religione, erotismo, tecnologia. Parafrasando Lorenzo il Magnifico si può concludere: “come è bella la figura/che sì fugge tuttavia/ chi vuol esser Leto sia/ la pittura non è Impostura!”»

Helga Marsala in “Noli me pingere. Un videoritratto di Alfonso Leto”, su Artribune., 20 Ottobre 2013

(…) Artista sui generis, Alfonso Leto. Romantico come un corteo di piazza, come una sorgente d’acqua sottratta ai furfanti del potere, come chi insegna a scuola la fatica e la letizia dell’arte contemporanea, come un disegno infantile in punta di matita, come una corona di spine che svela il sogno e il segno di un’invincibile anarchia. Esprit poetico, polemico, ironico, in qualche modo melanconico, senza mai tradire l’azione in nome della contemplazione, né viceversa. (…)»

Valentina Di Miceli in “La Rosalia di Leto, se la Santa è anarchica” da Il Giornale di Sicilia 17 Ottobre 2017

(…) Si palesa così alla visione un groviglio di segni, di linee, di spine, virati sui toni del blu e del rosso, alludendo alle vene e alla circolazione del sangue. Una simbologia complessa e dissacrante, tipica del lavoro dell’artista, che unisce riferimenti cristologici ,a quelli anarchici, svuotati di senso, in un intreccio tra “cristianesimo apocrifo e anarchismo estetico.

Giuseppe Alletto, testo per la mostra “Rovi” di Alfonso Leto, Torre della Fattoria dell’Arte-Teatro Andromeda, S.Stefano Quisquina, 2017

(…) La principale qualità della serie dei Rovi firmata da Alfonso Leto, infine, risiede nella sua vocazione poetica e nella loro estrema polisemìa che spinge lo spettatore a vedere di volta in volta, in quei falsi dripping, i tracciati di una geografia satellitare che, spandendosi sulla candida superficie di un uovo primordiale proiettato ortogonalmente, additano la nascita di qualcosa di nuovo, di misterioso e inaspettato.

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